Se la stazione appaltante sbaglia nell’apertura delle offerte, chi paga pegno è l’impresa, anche se l’errore non è ad essa imputabile
/F.B.
Con la pronuncia n. 1134 del 25.2.2009, la Sezione V del Consiglio di Stato si pronuncia su un caso di anticipata apertura, per errore della stazione appaltante, dell’offerta di uno dei concorrenti.
Precisamente, nel caso era avvenuto che l’Ufficio protocollo, anziché limitarsi a prendere atto del pervenimento dell’offerta di un concorrente, avesse aperto il plico, per poi consegnarlo alla Commissione di gara, la quale, ancorché senza visionarne il contenuto, aveva proceduto oltre negli adempimenti di rito, provvedendo a prendere visione di tutte le offerte in unico contesto, e aggiudicando infine la commessa proprio alla concorrente la cui busta era stata aperta per sbaglio.
Ora, la procedura di gara, in casi del genere, è sicuramente viziata: comportano invero un tale esito, secondo giurisprudenza del tutto pacifica, non solo i vizi che abbiano concretamente inciso sulla procedura e sui suoi esiti, ma, anche, tutti quelli che si mostrino anche solo astrattamente idonei in tale direzione. L’apertura di una offerta in tempi diversi rispetto alle altre implica indubbiamente vizio della procedura incidente sulla sua legittimità, stante il rischio, anche solo ipotetico, di una calibrazione artefatta dei punteggi, in violazione delle regole di trasparenza e par condicio.
Se l’illegittimità della procedura, a fronte di simili evenienze, è quindi indiscutibile, si tratta di verificare le conseguenze ultime sulla gara: se, in particolare, la procedura debba essere integralmente ripetuta, ovvero se – come ritenuto dal Consiglio di Stato nella decisione in commento – debba invece essere escluso il concorrente che, pur senza colpa, abbia avuto la sventura di incorrere nell’errore della stazione appaltante: “né rileva in contrario la circostanza, del tutto pacifica, che l’apertura della busta non sia soggettivamente imputabile né al concorrente né alla commissione, ma solo a un errore dell’ufficio protocollo. E’ infatti sufficiente il mero fatto oggettivo dell’apertura di una domanda di partecipazione prima del momento in cui la commissione debba avere cognizione dei relativi contenuti, perché tale offerta vada definitivamente esclusa dalla gara”. In senso analogo militano, anche, taluni precedenti dello stesso Consiglio di Stato.
In verità, la diversa opzione per l’illegittimità toutcourt della procedura sarebbe maggiormente conforme al principio, connesso ai canoni di imparzialità dell’azione amministrativa, per cui l’esclusione di un’impresa ha natura sostanzialmente sanzionatoria, e da questo punto di vista appare inusuale che le conseguenze di un difetto della stazione appaltante possano gravare sulla concorrente incolpevole.
Tra l’altro, tali conclusioni potrebbero prestarsi anche a possibili abusi, essendo in astratto possibile che l’apertura anticipata di una richiesta di partecipazione avvenga a titolo doloso, proprio al fine di pretermettere una singola concorrente dalla procedura.
L’opposta soluzione dell’esclusione limitata al concorrente (anche incolpevole), d’altro canto, può essere giustificata ricorrendo al principio di c.d. conservazione degli atti amministrativi, in forza del quale devono farsi salve, nei limiti del possibile, le attività compiute.
Resta da vedere, peraltro, se l’interpretazione qui in commento escluda anche una strada spesso praticata nel caso di errori, imputabili alla stazione appaltante, di tal genere, ovvero quella dell’autotutela amministrativa. Il fatto che la giurisprudenza indichi come corretta l’esclusione limitata al concorrente, in proposito, non sembra escludere in radice che l’Ente possa, anche, decidere di annullare tutta la procedura, dandone adeguata motivazione, quantomeno quando non siano stati assegnati ancora i punteggi qualitativi ai vari concorrenti (mentre, superata tale fase, un’autotutela tardiva si presterebbe alle medesime valutazioni, in punto di possibili abusi, dietro esposti).
In ogni caso, per la concorrente esclusa restano salve le aspirazioni risarcitorie, tanto più in considerazione dello stato dell’arte in materia di c.d. pregiudiziale amministrativa. In tale caso, infatti, l’impresa esclusa per fatto dell’ente potrà richiedere alla stazione appaltante il risarcimento del danno per equivalente monetario, per perdita di chance di aggiudicazione.