Le farmacie comunali esercitano un pubblico servizio cui non si applica il diritto comunitario e il diritto nazionale sui servizi pubblici locali

M.P.C.
Il TAR Napoli (Sez. V, 9.10.2008, sentenza n. 14957) ha stabilito un principio in tema di farmacie comunali e tutela della concorrenza che farà molto discutere.
Alcuni farmacisti privati avevano presentato ricorso avverso la decisione di un Comune di esercitare il diritto di prelazione per la gestione di una sede farmaceutica di nuova istituzione. Il primo motivo di ricorso stava nell’afferma violazione dei principi del Trattato CE su pubblicità, trasparenza e concorrenza.
Il TAR ha dato atto che la disciplina nazionale sui servizi pubblici locali, come necessariamente da interpretare alla luce della cospicua giurisprudenza della Corte di giustizia, non consentirebbe la procedura seguita dal Comune; dato che la società affidataria della nuova sede è partecipata maggioritariamente da socio privato.
Tuttavia, secondo il TAR, la gestione delle farmacie comunali da parte degli enti locali va collocata in un’attività gestoria in nome e per conto del Servizio sanitario nazionale, come tale esclusa dall’ambito dei servizi di interesse generale considerati dal diritto comunitario. Precisamente, sempre secondo il TAR, si tratta di esercizio di un servizio pubblico, in quanto attività rivolta a fini sociali ai sensi dell’art. 112 del d. lgs. n. 267/2000 (testo unico sugli enti locali). Come tale, estranea all’ambito di applicazione del diritto comunitario.
La conclusione appare assai dubbia, alla luce della vasta nozione di diritto comunitario sui servizi di interesse pubblico generale. Oltre a rilevare per il tema specifico delle farmacie, la sentenza porta ulteriori incertezze sul tema dei servizi pubblici locali.