Il giudice amministrativo può sindacare in via incidentale l’irregolarità del D.U.R.C.: un revirement del Consiglio di Stato
/M.M.
Il Presidente del T.A.R. Toscana, all’atto dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha evidenziato come una rilevante parte del contenzioso in materia di appalti abbia avuto per oggetto le questioni connesse alla regolarità contributiva delle imprese, e analogamente è accaduto in tutti i Tribunali amministrativi, con speciale riferimento al Documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C.).
Si rammenta che il c.d. D.U.R.C. è stato previsto, in via generale, dal d.lgs. n. 276/2003, di modifica del d.lgs. n. 494/96 in materia di sicurezza nei cantieri, ma, per gli appalti pubblici, esso era già prescritto dall’art. 2 d.l. n. 210/02.
L’art. 38 d.lgs.n. n. 163/2006, al co. 1 – similmente da quanto previsto dall’art. 75 d.p.r. n. 554/1999 – stabilisce l’esclusione per coloro che “hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio”, o che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali”.
Il co. 2 dell’art. 38 stabilisce inoltre che “resta fermo, per l'affidatario, l'obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266 e di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (oggi d.lgs. n. 81/08) e successive modificazioni e integrazioni”.
Infine, il decreto ministeriale del 24 ottobre 2007 ha precisato la nozione di “regolarità contributiva”, chiarendo tra l’altro che essa sussiste anche in caso di richieste di rateizzazione (approvata) o di istanze di compensazione, prevedendo anche una “soglia di tolleranza” per somme a non superiori ad € 100,00, e regolando l’incidenza dei contenziosi in materia di contributi.
La giurisprudenza è stata, quindi, più volte interpellata in merito alla questione – rilevante a fronte del complesso quadro normativo citato – se ai fini della partecipazione alle gare di appalto occorra necessariamente un D.U.R.C. in regola; a quale data eventualmente il requisito debba sussistere; e se il Giudice amministrativo abbia o meno la possibilità di valutare autonomamente la regolarità contributiva.
In argomento si registrano due orientamenti.
Secondo il primo (cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, I, n. 3740 del 19 giugno 2008), l’irregolarità contributiva rileva ai fini dell’ammissione alle gare solo quando, secondo valutazione rimessa alla stazione appaltante, integri una “violazion[e] grav[e] debitamente accertat[a]”. In senso analogo, il parere n. 102/2008, dell’A.V.CC.PP., per la quale “la semplice menzione nel DURC dell’assenza di regolarità contributiva non può condurre di per sé all’esclusione”.
Secondo altra (sostanzialmente maggioritaria) giurisprudenza, invece, un conto sono le “violazioni gravi accertate” (che escludono la partecipazione anche se pregresse, e nonostante la presenza di un D.U.R.C. regolare), altro conto è il D.U.R.C., che costituisce autonoma causa di esclusione, a prescindere da causa ed entità dell’irregolarità.
Tale filone giurisprudenziale rinviene la causa di esclusione (e di impedimento alla stipula del contratto) non nel co. 1 dell’art. 38, bensì del combinato disposto del co. 2 dell’art. 38 e dell’art. 2 d.l. n. 210/02. Occorre quindi, al fine di partecipare alle gare, un D.U.R.C. attestante la regolarità contributiva, e ciò sia all’epoca della presentazione dell’offerta, sia all’epoca dell’aggiudicazione, sia della stipula del contratto (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 182/2009 del 2 febbraio 2009, e Consiglio di Stato, sez. V, n. 5575 del 23 ottobre 2007).
A fronte di un Documento irregolare, insomma, alla stazione appaltante – secondo questa lettura – non residua alcuna discrezione, non potendo fare altro che provvedere all’esclusione dell’impresa (ed essendo irrilevante l’eventuale regolarizzazione successiva”).
Nel caso in commento, il Consiglio di Stato sembra invece cambiare registro (Consiglio di Stato, V sez., 13 febbraio 2009, n. 817).
Un’impresa, nel I grado, aveva impugnato gli atti di gara in quanto l’amministrazione aveva aggiudicato l’appalto ad altro concorrente, titolare di un D.U.R.C. inizialmente negativo, e poi, tramite autotutela dell’I.N.P.S., divenuto positivo. La ricorrente sosteneva che permanesse tuttavia una condizione di irregolarità contributiva, con conseguente illegittimità del D.U.R.C. attestante la regolarità, e vizio, quindi, dell’aggiudicazione.
Il giudice di prime cure ha denegato la propria giurisdizione, ritenendo che in materia di DURC vengano in rilievo posizioni non conoscibili dal giudice amministrativo, pur essendovi stato esercizio di poteri di autotutela da parte dell’Autorità preposta al rilascio del documento.
Diversamente opinando, il Consiglio di Stato ha annullato tale sentenza, rilevando che in materia di pubblici appalti il giudice amministrativo è investito di giurisdizione esclusiva, e quindi ha titolo a compiere “a prescindere dalla consistenza della corrispondente posizione soggettiva, ogni accertamento che gli sia domandato dalla parte per verificare il rispetto dei principi comunitari in materia di concorrenza (tra i quali la regolarità contributiva delle imprese partecipanti)”.
Ciò tantopiù – ma il principio affermato ha portata generale – in presenza di un atto di autotutela.
Quindi, il Giudice amministrativo ha titolo a verificare, in maniera autonoma, la regolarità contributiva: “il giudice amministrativo … ben può incidentalmente valutare la sussistenza dei requisiti di partecipazione, siano essi o meno attestati da atti della p.a.”, qualora a ciò sia chiamato dall’atto di ricorso.
Tale principio è affermato in fattispecie indubbiamente peculiare: a fronte di un’istanza, da parte di altro concorrente, tesa ad accertare l’irregolarità contributiva a fronte di un D.U.R.C., invece, positivo.
Tuttavia, esso dovrebbe valere, sussistendo eadem ratio, anche nel caso opposto: quando cioè l’impresa esclusa a causa di un D.U.R.C. negativo censuri la propria esclusione, allegando la regolarità sostanziale verso le previdenze, che le citate sentenze sinora escludevano.
Vacilla fortemente, quindi, il principio del rigido riparto di competenze in tema di D.U.R.C., con la remissione al Giudice amministrativo di un potere di verifica che la giurisprudenza, sinora, denegava.