I mutevoli confini del “formalismo” nella giurisprudenza in materia di appalti pubblici: due recenti decisioni a confronto
/M.M.
Nella lezione giurisprudenziale in materia di diritto degli appalti, si fronteggiano da sempre orientamenti più o meno “formalistici”, legati i primi a esigenze di completezza dell’offerta, di par condicio e quindi di sostanziale non integrabilità della stessa posteriormente alla sua proposizione, ed i secondi orientati alla prevalenza del principio del favor partecipationis, onde “ampliare” il confronto concorrenziale.
Sul punto, rivestono particolare interesse le pronunce rese in merito a fattispecie di carenze ed omissioni documentali dell’offerta prodotta in gara.
In tal senso, appaiono perfettamente esemplificative due recenti pronunce della V sezione del Consiglio di Stato.
La prima, n. 5931 del 2 dicembre 2008, concerneva un caso in cui ben tre concorrenti alla procedura di gara avevano omesso la presentazione, nella propria offerta, di un “foglio” contenente un prezzo unitario; ciò che, ad avviso del Giudice di prime cure, avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara delle tre Imprese, con spettanza alla ricorrente della commessa in gara.
In accoglimento dell’appello proposto dall’Amministrazione, Palazzo Spada afferma che l’omissione sia da ritenersi mero errore materiale, e che il prezzo mancante fosse derivabile aliunde (vale a dire, dall’importo totale offerto in gara, sottratta la somma degli altri prezzi unitari); in ultima analisi, ne deriva “la conclusione dell’incongruità, alla luce del principio del favor partecipationis e dei canoni ermeneutica civilistici in sede di decifrazione della volontà dei contraenti, della sanzione dell’esclusione rispetto ad una mera irregolarità formale non influente sui termini sostanziali e sulla completezza effettiva dell’offerta”.
Di segno decisamente differente è la seconda decisione sottoposta, n. 6501 del 22 dicembre 2008, resa – si richiama – nuovamente dalla V Sezione.
Nel caso qui affrontato, un’Impresa concorrente ad una gara d’appalto aveva depositato in gara un certificato ISO 9001 scaduto, pur essendo in possesso del medesimo certificato valido alla data della presentazione dell’offerta, per mero errore materiale di preparazione dell’offerta.
Il Consiglio di Stato, nel caso, ha ritenuto ininfluente sia “il fatto che il requisito fosse concretamente posseduto dall’Impresa sin dalla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara”, sia che “la produzione del vecchio certificato fosse dovuta ad un errore materiale”, e ciò perché “nelle procedure di appalti pubblici non può ammettersi la sostituzione di un documento scaduto con un altro in corso di validità, perché ciò determinerebbe non già una mera regolarizzazione, ma una integrazione documentale, con alterazione della par condicio fra i concorrenti”.
Deve peraltro richiamarsi che, nei due casi affrontati, le conclusioni cui sono pervenuti i Giudici d’appello sono espressamente affermate come conformi alle previsioni dei rispettivi capitolati e lex specialis di gara; documentazione, quest’ultima, non a caso richiamata nella parte motiva di entrambe le decisioni, a rafforzarne le rispettive conclusioni: ciò, a riprova dei principi (oltremodo consolidati in giurisprudenza) di primazia e tassatività delle previsioni contenute nella lex specialis di ogni procedura, con particolare riferimento alle clausole a pena d’esclusione ivi contenute.