Collegamento sostanziale nelle gare a lotti plurimi
/F.B.
Mentre la Corte di giustizia delle Comunità europee esamina la legittimità della normativa nazionale in tema di collegamento sostanziale (ritenuta non conforme dall’Avvocato generale), il Consiglio di Stato allarga le maglie del divieto, fino a ricomprendervi le partecipazioni avvenute in lotti distinti (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 848/09, del 16.2.2009).
Come noto, l’art. 34 d.lgs. n. 163/2006 stabilisce l’obbligo di esclusione delle offerte provenienti da un “unico centro decisionale”.
La fattispecie, già elaborata dalla giurisprudenza – anche sulla scorta del d.p.r. n. 554/99 – prima del nuovo Codice, è stata consacrata nel d.lgs. n. 163/2006, il quale, tuttavia, ne ha opportunamente ridelineato i confini, prevedendo l’esclusione dei concorrenti per i quali le stazioni appaltanti “accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”.
Ancorché le interpretazioni sul punto non siano esattamente univoche (in più di un vaso la disposizione, pur se eccezionale in quanto recante eccezione al principio di libera partecipazione, è stata letta in maniera a dir poco estensiva), il teso dell’art. 34 richiede oggi non solo un “sospetto” circa la provenienza da un “unico centro”, bensì un vero e proprio accertamento di tale evenienza, fondato su una pluralità di elementi chiari, precisi e concordanti.
Di regola, si tratta di casi in cui le offerte mostrano, per il loro contenuto, di provenire da un solo soggetto sostanziale (si pensi alle offerte con medesimi errori formali, alle offerte progettuali di medesimo contenuto sostanziale, ai casi di spedizione dal medesimo fax, o con fideiussioni progressive, etc.). Oppure, in altri casi, di offerte provenienti da soggetti riconducibili ad unitarietà in ragione di elementi di comunanza estrinseci (intrecci societari e parentali, comunanza di cariche, etc.), quando, tuttavia, il dato formale sia comunque comprovato dal tenore sostanziale delle offerte, dalle quali possa desumersi, con ragionevole certezza, la provenienza da una medesima fonte.
La decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 848/09, del 16.2.2009, si è occupata di un caso davvero peculiare, relativo ad offerte (pacificamente provenienti da unica fonte, sussistendo sia rapporti formali tra i soci e gli amministratori dei concorrenti, sia soprattutto legami sostanziali quali l’identità dei fax e l’identità testuale delle offerte) presentate tuttavia in lotti diversi della medesima gara.
La conclusione del Consiglio di Stato è che anche in tal caso sussiste l’obbligo di esclusione, trattandosi di “gara inaugurata da un unico bando, e caratterizzata dalla possibilità per ogni impresa di partecipare a tutti i lotti”. Nonché, in considerazione del “reciproco condizionamento dei lotti, sub specie di aggiudicazione del solo lotto di importo più elevato in caso di presentazione di offerte per più di un lotto”, dato idoneo a dimostrare che “si tratta di una gara sostanzialmente unica”.
Tali conclusioni appaiono, ad opinione di chi scrive, opinabili.
La ratio del divieto di partecipazione in regime di collegamento sostanziale è quella di evitare che offerte provenienti da un unico centro, e quindi concordate (o potenzialmente tali), possano incidere sulla genuinità della concorrenza e della procedura. Non a caso, la fattispecie è strettamente connessa al delitto di turbativa di asta, reato di pericolo, che si concreta non solo quando la gara sia stata effettivamente incisa negli esiti, ma anche quando si sia determinato un pericolo, anche solo astratto, verso la regolarità della procedura.
Concretamente, un simile rischio può configurarsi in particolare nelle gare con esclusione automatica e con c.d. “taglio delle ali”, senza possibilità di verifica caso per caso dell’anomalia: in tal caso, più offerte concordate (talune tese a spostare la media, e talaltre poste in “zona di aggiudicazione”) potrebbero incidere sui ribassi, sulle medie, e sulla soglia di anomalia.
Al di fuori di tali casi – pur se la legge effettivamente non distingue – non risulta probabile quel rischio di inquinamento della procedura che la norma mira ad evitare, in quanto la sub procedura di verifica dell’anomalia consente l’aggiudicazione, previa verifica dell’anomalia ove occorrente, anche all’offerta di maggior ribasso (per formulare la quale non vi è necessità di accordarsi con chicchessia).
Tuttavia, anche al di fuori di tali ipotesi, deve pur sempre trattarsi di un rischio per la singola procedura, che pare davvero difficile ravvisare nelle gare a lotti plurimi, ove le imprese in collegamento non partecipano agli stessi lotti.
Ciascun lotto, infatti, ancorché facente parte di una procedura unitaria, vive di vita propria: anche qualora due offerte fossero tra loro coordinate, ma formulate su lotti distinti (ma allora non si comprende l’utilità dell’accordo), la graduatoria di ciascun lotto non risente delle sorti dell’altro. Pertanto, in tali fattispecie, non sembra plausibile possa trovare applicazione il divieto di partecipazione di cui all’art. 34, che, si ritiene, fa riferimento alla nozione di “gara” in senso sostanziale, e quindi, nelle procedure a lotti plurimi, al singolo lotto.
Nel caso di specie, la lex specialis stabiliva un legame tra i diversi lotti, prevedendo che, quando un’impresa fosse risultata prima in graduatoria in più lotti, si sarebbe aggiudicata un solo lotto (quello di importo maggiore), con esclusione della possibilità di divenire aggiudicataria anche dei rimanenti.
Anche di fronte a una situazione del genere, tuttavia, resta difficile comprendere ove risiederebbe il rischio di un inquinamento della procedura, quando le due imprese contestate come collegate abbiano partecipato, ciascuna, ad un solo lotto.
Tra l’altro, simile interpretazione, tutt’altro che imposta dalla lettera della legge e dalla ratio della medesima, esclude toutcourt ogni chance di partecipazione delle imprese in condizione, ad esempio, di controllo societario.
Mentre sinora si riteneva che controllante e controllata non potessero partecipare alla stessa gara, ma dovessero necessariamente, nelle gare a lotti plurimi, scegliere in quale lotto partecipare, senza possibilità di interferenza, secondo il Consiglio di Stato è invece da escludere anche questa possibilità, con grave vulnus sia per le imprese (ove i rapporti reciproci, di per sé legittimi, sono oramai necessari, usuali, e all’ordine del giorno), sia per il principio di massima partecipazione, funzionale all’interesse, pubblico, al reperimento della migliore offerta tramite l’interpello del maggior numero possibile di concorrenti.
Tutto ciò mentre, come accennato, la Corte di giustizia europea è in procinto di decidere sulla legittimità della normativa nazionale in proposito (su remissione del T.A.R. Lombardia, che, pure, della norma ha tradizionalmente fatto una applicazione tutt’altro che restrittiva) in causa ove, pochi giorni fa, l’Avvocato generale ha concluso per l’incompatibilità della norma verso il diritto comunitario, in quanto non consente, nel caso di offerte provenienti da imprese in condizioni di controllo societario, di dimostrare che, in concreto, non vi è stato reciproco condizionamento.