Il Consiglio di Stato riconferma la sussistenza della pregiudiziale amministrativa, in contrasto con le Sezioni Unite della Cassazione

A.V.
Con la decisione n. 587 del 3 febbraio 2009, VI sez., il Consiglio di Stato si inserisce nel solco prodotto dalla decisione della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2007 e conferma il principio secondo cui, ai fini dell’ottenimento del risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, sia necessario il previo annullamento dell’atto amministrativo che si assume essere la fonte del suddetto danno.
Ne discende che a tale risarcimento non si potrà accedere, non solo nell’eventualità in cui il ricorso avverso il provvedimento amministrativo sia ritenuto infondato, ma anche in ipotesi di sua inammissibilità o irricevibilità per ragioni formali/processuali.
Ciò in quanto, la permanente operatività del provvedimento amministrativo, seppur conseguente ad una tardiva o erronea impugnazione dello stesso, rende infondata (non già inammissibile) la relativa domanda di risarcimento del danno: il provvedimento amministrativo, infatti, esplica i propri legittimi effetti, imponendone l’osservanza a tutti i soggetti coinvolti, ed inducendo, in tal modo, a dover escludere la natura ingiusta del danno eventualmente subito dal ricorrente ed a ritenere illecita la condotta tenuta al riguardo dall’Amministrazione procedente.
Il Consiglio di Stato si conferma giudice dell’Atto e non del Rapporto.
Si segnala che solo alla fine di dicembre 2008, era stata pubblicata una decisione delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, n. 30254 di avviso totalmente contrario a quello suddetto: secondo la Corte, lo stato attuale della normativa e della giurisprudenza non consente di ricondurre e circoscrivere le ipotesi risarcitorie ai soli casi di lesione derivanti dal’applicazione di provvedimenti amministrativi illegittimi, dovendosi ravvisare, nell’ampio scenario dei possibili rapporti tra amministrazione e privati, numerose ipotesi di “contatto” dannoso per quest’ultimo, non necessariamente riconducibili ad un provvedimento.
Da ciò deriva, secondo la Suprema Corte, la facoltà per il privato di scegliere quale forma di tutela perseguire, optando anche per quella esclusivamente risarcitoria al posto di quella anche demolitoria.
Tra i presupposti per l’eventuale accoglimento della domanda risarcitoria la Corte non ravvisa quello del previo annullamento dell’atto ritenuta la fonte del danno.